
Me lo ricordo bene l’angelo Sole: viveva sulle nuvole. Non che fosse particolarmente distratto, anzi. È che viveva letteralmente su una nuvola, decorata con dei coloratissimi mazzi di fiori.
Era solo un ragazzo, ma aveva già un lavoro di grande responsabilità: il suo compito era alzare e abbassare la temperatura del sole, o almeno così gli piaceva raccontare. In realtà non è che lui fosse così potente: doveva solo controllare che la temperatura non fosse troppo calda o troppo fredda. Ad esempio, se c’era un bambino che giocava sotto il sole ad agosto, lui doveva creare qualche nuvoletta per evitare che si scottasse e cose così.
Ah, dimenticavo: mica su tutto il mondo! A lui avevo assegnato un piccolo paese italiano, in provincia di Como, che si chiama Appiano Gentile.
Una cosa bisogna dirla tuttavia: nel suo lavoro era proprio bravo. Era attento, preciso e veloce; se un passerotto soffriva il freddo, lui se ne accorgeva e lo scaldava con un raggio di sole; se un albero aveva sete, lo accontentava con una salutare pioggerellina. Ma svolti questi compiti, si annoiava tantissimo.
Si appollaiava sulla sua nuvoletta e iniziava a spiare gli umani: i bimbi che giocavano, i giovani che studiavano, gli adulti che lavoravano. E li invidiava tantissimo.
“Non credere che sia facile” – lo avvisai – “Gli umani non sono magici come noi, i loro problemi devono risolverli con sudore e fatica”.
“Cosa ci vuole?” – rispondeva con il tipico piglio dell’adolescente, quindi decisi di dargli una bella lezione.
“Vedi quella coppia laggiù al parco? Quelli col bambino piccolo?”
“Sì”
“Oggi è il loro anniversario e devono uscire a cena, ma li ha appena chiamati la babysitter dicendo che a causa di un impegno non potrà curargli il bambino. Perché non vai tu e ti proponi?”
L’angelo Sole vide la sua grande opportunità. Del resto, quanto poteva essere difficile curare per qualche ora un bambino, che per giunta sembrava dolce e tranquillo.
“Ci sto! Vado subito.” – esclamò con impazienza.
“Calma calma, e ricordati, quando sarai laggiù i tuoi poteri non funzioneranno!”
“Non mi serviranno!” – disse l’angelo Sole con presunzione. E un attimo dopo era già sul prato.
Non ricordo bene cosa successe poi. Credo che l’angelo Sole iniziò a giocare con il bimbo, a parlare con i genitori e, poco dopo, l’incarico di babysitter era suo! Quel ragazzo ci sapeva proprio fare.
La sera era felicissimo e orgoglioso di poter finalmente fare qualcosa di ‘umano’. Quando entrò nella casa il bimbo aveva già lavato i denti, era in pigiama e sbadigliava.
“Sarà un gioco da ragazzi” – pensò. Mamma e papà uscirono e lui si sedette di fianco al bambino che sul divano guardava un cartone. Neppure riuscì a vederne metà che si addormentò; lo prese in braccio e lo portò nel suo lettino.
“Tutto qui?” – disse tra sé e sé l’angelo – “Questo è il lavoro più semplice del mondo”.
Ma aveva cantato vittoria troppo presto, infatti poco dopo lo chiamai: “Sole, c’è da fare un lavoretto semplice semplice proprio nel giardino della casa dove ti trovi. Ci sono delle rose che soffrono, andrebbero annaffiate”.
L’angelo Sole si assicurò che il bimbo dormisse e uscì in giardino. Poi schioccò le dita per creare una nuvoletta ma non successe nulla. “Accidenti, qui i miei poteri non funzionano!” – e mi chiamò.
“Fai come fanno tutti gli essere umani!” – gli risposi divertito – “Usa un annaffiatoio!”.
Determinato, l’angelo Sole si mise alla ricerca dell’annaffiatoio e lo trovò in garage, dopo aver rovistato in tutta la casa. Poi cercò un rubinetto in giardino, senza fortuna. Così iniziò ad andare avanti e indietro dalla cucina al giardino per riempire l’annaffiatoio e per bagnare tutte le rose. In un attimo si ritrovò stanco e sudaticcio.
“Uff, finalmente ho finito! Ora posso rientrare e riposarmi sul divano” – disse soddisfatto.
Ma quando aprì la porta di casa, un frastuono lo investì. Corse in cameretta e quasi non credette a quello che stava vedendo. La stanza era in condizioni disastrose: sul pavimento erano sparsi i cocci di un vaso frantumato, uno strato di nutella ricopriva le tende e le lenzuola, mentre il bambino, con un sorriso malefico stampato sul volto, stava colorando il muro con il rossetto della sua mamma.
Tutte le certezze dell’angelo Sole svanirono e non aveva idea di cosa potesse fare per sistemare la situazione. Guardò l’ora e si accorse che era molto tardi, i genitori sarebbero tornati da un momento all’altro.
“Ti prego, fammi usare i miei poteri!” – mi supplicò rivolgendosi al cielo. Ma non lo ascoltai. Cercò di pulire in fretta e furia, ma non c’era niente che potesse fare per sistemare quel disastro. E come se non bastasse, quel piccolo diavoletto correva da tutte la parti e ne combinava una dietro l’altra. Aveva appena finito di raccogliere i cocci del vaso quando sentì un altro CRACK. Corse in soggiorno, ma ormai la televisione era andata.
“I suoi genitori mi uccideranno!”. Fu proprio in quel momento che sentì un rumore di auto entrare nel vialetto. “Sono tornati, è finita!”.
Immaginate la scena: i genitori felici stavano per varcare la soglia, senza sapere che cosa avrebbero trovato dall’altra parte. L’angelo Sole seduto sul pavimento con la testa tra le mani e le ginocchia tirate al petto, e il bimbo che aveva otturato il water con la carta igienica che saltava nell’acqua che stava uscendo da tutte le parti.
A quel punto credetti che fosse abbastanza e intervenni. Non fu difficile per me sistemare tutto e fui talmente rapido che neppure Sole si accorse. Semplicemente, quando i genitori entrarono, la casa era perfetta e il bimbo dormiva nel suo letto. Addirittura Sole credette di aver avuto un incubo.
Ma quando tornò da me lo fece con la testa bassa. Aveva imparato la lezione: gli umani, ahiloro, non solo dovevano risolvere un sacco di problemi contando solo sulle proprie forze, ma dovevano affrontarne anche molti contemporaneamente, senza poter permettersi il lusso di tralasciarne alcuno.
“C’è qualcosa che vuoi dirmi, Sole?” – gli chiesi.
“No”.
“Sicuro?”
“Sì..”
E andò a riposare…A volte con i ragazzi non è necessario infierire e io ne ero certo: Sole aveva capito.
